Il progetto

Venezia e il terzo millennio

All’inizio del nuovo millennio Venezia vive una situazione fortemente contraddittoria.

Mai come ora gran parte del suo patrimonio immobiliare vanta uno stato di conservazione tanto apprezzabile, dai palazzi sul Canal Grande alle aree ex industriali riconvertite in residenze. Mai come ora il rischio di spopolamento è tanto reale. I residenti nella città insulare si sono ridotti a meno di 53.000. Negli anni Settanta erano più di 120.000.

Oltre venti milioni di presenze turistiche all’anno, sebbene comportino un pendolarismo quotidiano di circa 50.000 persone da tutto il Veneto, non rappresentano un’opportunità per la crezione di nuovi cittadini residenti ma, al contrario, sono una delle principali cause dello spopolamento della città.

Un vuoto da colmare

Nonostante le numerose trasformazioni avvenute nella città lagunare durante il secolo scorso – tante da poter affermare, per quanto paradossale possa sembrare, che il suo centro storico è stato tra i più edificati del Novecento – finora non si è mai realizzata una campagna fotografica organica dedicata alla rappresentazione dell’intero tessuto urbano di Venezia in grado di descriverne la straordinaria complessità e continuità.

Venice Urban Photo Project ha la finalità di colmare questo vuoto.

Tutte le città – e Venezia in particolare – sono ormai consultate e non viste. La simulazione urbana, anche se di origine fotografica, sostituisce l’esperienza reale. Nessuno sa più guardare la città dal vero. Da qui l’esigenza di recuperare una forma di rappresentazione classica in grado di descrivere il più minuziosamente possibile un contesto urbano così articolato e così fragile.

Un solo sguardo

Avviato nel 2006 da Mario Peliti, dapprima in pellicola, e dal 2013 in formato digitale, Venice Urban Photo Project ha l’ambizione di recuperare il rigore metodologico e formale delle grandi campagne dei maestri dell’Ottocento e del Novecento – da Charles Marville a Carlo Naya, da Gabriele Basilico a John Davies – al fine di restituire una percezione, la più esaustiva possibile, della città all’inizio degli anni Duemila.

Tutte le immagini sono realizzate a parità di condizione di luce, senza ombre portate, e in assenza di persone. Questi aspetti, apparentemente secondari, consentono di dare unitarietà temporale alla percezione della città. L’omogeneità della luce rende visibili tutti i dettagli delle facciate, anche i meno rilevanti, e la mancanza di persone costringe l’osservatore a riflettere sul possibile destino della città: una città senza abitanti. Al tempo stesso il silenzio che pervade migliaia di fotografie consente a Venezia stessa di mostrarsi nella sua articolazione urbanistica e architettonica.

La peculiarietà di questo archivio è rappresentata dall’omogeneità della visione, dalla coerenza delle modalità di ripresa e dal continuo approfondimento nella conoscenza della città da parte dell’autore.

20.000 fotografie

L’attuale consistenza delle immagini prodotte nell’ambito di Venice Urban Photo Project è di oltre 12.000. Il numero di per sé definisce quella di Mario Peliti come una delle esperienze fotografiche individuali più significative dedicate alla città. Però, al fine di restituire la percezione che un passante potrebbe avere attraversando tutta Venezia, le fotografie ancora da realizzare sono almeno altre 8.000 per raggiungere un numero equivalente a quello a “Album di Venezia”. E la cifra potrebbe essere considerata per difetto.

La collaborazione istituzionale

Alla fine del 2018 è stato firmato un accordo tra Mario Peliti, l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia, finalizzato alla valorizzazione di Venice Urban Photo Project attraverso la creazione di un fondo digitale – Venice Urban Photo Archive – presso l’ICCD.

L’accordo prevede la cessione gratuita allo Stato italiano da parte dell’autore, dei diritti di utilizzo e di riproduzione delle fotografie dell’intero fondo, limitatamente alle finalità culturali di tipo istituzionale e per pubblicazioni universitarie all’interno dell’Unione Europea. L’ICCD, in collaborazione con la Soprintendenza, si occuperà della catalogazione dell’archivio, che verrà reso consultabile all’interno del suo portale alla voce Venice Urban Photo Archive.

Una volta prodotta, l’Istituto avrà inoltre la responsabilità della conservazione della raccolta delle stampe fotografiche, componente imprescindibile del progetto poiché nell’epoca dei Big Data, quando gran parte dello scibile umano alloggia nella rete, non esiste nulla di più concreto, di più tangibile, di più duraturo della carta.

Una copia digitale dell’archivio sarà conservata anche presso la Soprintendenza.

Esposizioni

HYPERVENEZIA

Palazzo Grassi riapre le sue porte al pubblico con “HYPERVENEZIA”, un evento espositivo dedicato alla città di Venezia in occasione dei 1600 anni dalla sua fondazione, che presenta per la prima volta al pubblico l’ambizioso “Venice Urban Photo Project”, ideato e realizzato da Mario Peliti.



La mostra “HYPERVENEZIA”, in programma dal 5 settembre 2021 al 9 gennaio 2022, curata da Matthieu Humery, conservatore presso la Collection Pinault, propone un percorso immersivo al primo piano espositivo di Palazzo Grassi attorno a tre istallazioni: un percorso lineare di circa 400 fotografie che ripercorrono un ideale itinerario per i sestieri di Venezia, una mappa site-specific della città composta da un mosaico di circa 900 immagini geolocalizzate che offrono una panoramica della città e un’installazione video di oltre 3.000 fotografie che scorrono accompagnate da una composizione musicale inedita realizzata per la mostra dal noto musicista e compositore Nicolas Godin, membro del duo di musica elettronica “Air”.



“HYPERVENEZIA” offre un’esperienza visiva radicale: la Venezia che conosciamo scompare e lascia emergere una Venezia parallela, vuota e atemporale. Dalla Serenissima presentata nella sua materialità pura emana questa stranezza inquietante che caratterizza qualunque città rimasta senza abitanti.



HYPERVENEZIA · Palazzo Grassi

L'autore

Mario Peliti

Nato a Roma nel 1958, architetto di formazione, è editore, gallerista e consulente di comunicazione.

Ha fondato nel 1986 Peliti Associati, inizialmente studio di progettazione grafica, poi casa editrice, e dal 2000 anche agenzia di relazioni pubbliche. Ha svolto attività di consulenza per aziende e istituzioni tra cui P&G, Nestlé, Coca-Cola HBC, Finmeccanica, Telecom Italia, Johnson & Johnson, Comune di Roma, Inps, Whirlpool EMEA.

Ha diretto dal 1995 al 2002, insieme a Stefano Aluffi Pentini, la Galleria Minima Peliti Associati, dedicata alla fotografia d’autore, all’interno di Palazzo Borghese a Roma. Nell’arco di sette anni il piccolo spazio espositivo ha proposto quarantatré mostre presentando opere di Sebastião Salgado, Gianni Berengo Gardin, Gabriele Basilico, Mario Giacomelli, Mary Ellen Mark, Bert Stern, solo per citare i nomi più noti. Ha ideato lo European Publishers Award for Photography (1994-2015), concorso promosso da sei case editrici di Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Spagna, finalizzato alla promozione internazionale di autori emergenti attraverso la pubblicazione di libri in più edizioni contemporanee.

Ha ideato Reportage – Atri Festival (alla cui direzione ha chiamato Toni Capuozzo) che ha coordinato nelle edizioni 2009 e 2010, assumendo anche la responsabilità della programmazione espositiva. Nel 2006 ha avviato la ricognizione fotografica totale di Venezia.

Nel 2013 insieme a Paola Stacchini Cavazza ha aperto la Galleria del Cembalo, dedicata nuovamente alla fotografia e al suo rapporto con altre forme di espressione artistica, sempre all’interno di Palazzo Borghese. Nel 2014 ha fondato Peliti’s. Vive e lavora tra Roma e Venezia.

Contatti

Venice Urban Photo Project

info@veniceurbanphotoproject.com